Background Beck, J., Fung, C., Strbian, D., Bütikofer, L., Z’Graggen, W. J., Lang, M. F., Beyeler, S., Gralla, J., Ringel, F., Schaller, K., Plesnila, N., Arnold, M., Hacke, W., Jüni, P., Mendelow, A. D., Stapf, C., Al-Shahi Salman, R., Bressan, J., Lerch, S., Hakim, A., … SWITCH study investigators (2024). Decompressive craniectomy plus best medical treatment versus best medical treatment alone for spontaneous severe deep supratentorial intracerebral haemorrhage: a randomised controlled clinical trial. Lancet (London, England), 403(10442), 2395–2404. https://doi.org/10.1016/S0140-6736(24)00702-5
Il trattamento dell’emorragia intracerebrale grave a sede sopratentoriale profonda rappresenta una problematica irrisolta nella gestione dell’ictus. Escludendo il “care bundle”, gli altri interventi farmacologici e chirurgici non hanno dimostrato una significativa riduzione di disabilità e mortalità. I principali studi precedenti non hanno evidenziato un beneficio dall’evacuazione dell’ematoma rispetto al trattamento conservativo, sia con approcci invasivi (STICH I e II) sia con quelli mini-invasivi (MISTIE). Il recente trial ENRICH, che ha testato l’efficacia della chirurgia mini-invasiva precoce, ha mostrato benefici per le emorragie lobari, mentre invece alla seconda interim analysis è stato soddisfatto il criterio di futilità per le emorragie profonde: questo dato ha comportato lo stop all’arruolamento di questo sottogruppo dopo 92 pazienti. Sebbene la craniectomia decompressiva sia già nota per ridurre la mortalità e migliorare gli esiti funzionali nei casi di infarto ischemico maligno dell’arteria cerebrale media, i suoi benefici nelle emorragie intracerebrali spontanee restano incerti e mai testati in alcuno studio controllato. Il trial SWITCH ha cercato di valutare se, nei pazienti con emorragia intracerebrale grave spontanea a sede sopratentoriale profonda, l’aggiunta della craniectomia decompressiva, senza evacuazione dell’ematoma, possa migliorare l’outcome a 6 mesi, rispetto alla sola terapia medica ottimale.
Metodi
Il trial multicentrico, randomizzato, in aperto e con valutatori in cieco è stato condotto in 42 centri in Europa, coinvolgendo pazienti adulti (18-75 anni) affetti da emorragia intracerebrale spontanea a sede sopratentoriale profonda (gangli della base o talamo), grave, con punteggio National Institutes of Health Stroke Scale (NIHSS) ≥ 10, un volume dell’ematoma ≥ 30 mL e un punteggio Glasgow Coma Scale (GCS) tra 8 e 13. I pazienti reclutati sono stati assegnati casualmente a ricevere craniectomia decompressiva più il miglior trattamento medico (trattamento sperimentale), oppure solo il miglior trattamento medico (gruppo controllo). La randomizzazione è stata effettuata entro 66 ore dall’esordio dei sintomi previa dimostrazione della stabilizzazione del volume dell’ematoma, definita come assenza di spot sign o crescita volumetrica < 33% o < 6 ml all’imaging di follow up. La craniectomia decompressiva è stata quindi praticata non oltre le 6 ore dopo la randomizzazione. L’outcome primario è stato definito come la probabilità di morte o dipendenza severa, definita come punteggio alla scala di Rankin modificata (mRS) 5, a 180 giorni, analizzato nella popolazione secondo il principio dell’intention-to-treat.
Risultati
Lo studio SWITCH è stato interrotto anticipatamente a causa della mancanza di fondi. Tra il 6 ottobre 2014 e il 4 aprile 2023, sono stati randomizzati 201 partecipanti, di cui 197 hanno fornito
consenso informato ritardato. Di questi, 96 sono stati assegnati alla craniectomia decompressiva più miglior trattamento medico, mentre 101 al miglior trattamento medico. Dei 197 partecipanti, 188 hanno ricevuto l’intervento assegnato. Fino al giorno 7, si sono infatti registrati 8 crossover nel gruppo controllo e 1 nel gruppo sperimentale. Inoltre, 9 partecipanti del gruppo craniectomia decompressiva e 8 del gruppo miglior trattamento medico sono stati sottoposti a non prevista evacuazione dell’ematoma; 2 partecipanti nel gruppo sperimentale e 0 nel gruppo controllo hanno ricevuto una procedura di chirurgia minimamente invasiva dell’ematoma.
Il tempo mediano dall’insorgenza dei sintomi all’intervento chirurgico è stato di 26 ore (IQR 15–43). Dei partecipanti, 63 (32%) erano donne e 134 (68%) uomini, con un’età mediana di 61 anni (IQR 51–68) e un volume mediano dell’ematoma di 57 mL (IQR 44–74). 42 (44%) dei partecipanti assegnati al gruppo sperimentale e 55 (58%) dei partecipanti assegnati al gruppo controllo hanno ottenuto un punteggio mRS 5-6 a 180 giorni (rapporto di rischio aggiustato [aRR] 0,77, IC 95% 0,59-1,01, differenza di rischio aggiustata [aRD] -13%, IC 95% -26 a 0, p=0,057). Nell’analisi per protocollo, 36 (47%) partecipanti nel gruppo sperimentale e 44 (60%) nel gruppo controllo hanno riportato un punteggio mRS 5-6 (aRR 0,76, IC 95% 0,58-1,00, aRD −15%, IC 95% −28 a 0).
Eventi avversi gravi si sono verificati in 42 (41%) dei 103 partecipanti nel braccio sperimentale e in 41 (44%) dei 94 del gruppo controllo.
Interpretazione
Lo studio SWITCH fornisce un’evidenza debole che la craniectomia decompressiva, associata al miglior trattamento medico, possa essere superiore al solo miglior trattamento medico in pazienti con emorragia intracerebrale spontanea grave a sede sopratentoriale profonda. Il trattamento sperimentale ha dimostrato una riduzione del rischio assoluto di morte o disabilità severa del 13% (IC 95% da 0 a 26) e una riduzione del rischio relativo del 23% (IC 95% da 41 a -1), in una popolazione senza alternative terapeutiche efficaci. Sebbene l’intervallo di confidenza al 95% suggerisca la possibilità di un effetto nullo, è importante sottolineare che è improbabile che l’intervento risulti dannoso. Nel disegnare lo studio, gli esiti sono stati classificati in favorevoli (mRS 0–4) e sfavorevoli (mRS 5–6), a differenza della classificazione comune (0–3 favorevole, 4–6 sfavorevole). Questa scelta si allinea con studi precedenti sulla craniectomia decompressiva per infarti cerebrali maligni e considera l’mRS 0–4 come un risultato più realistico per questa tipologia di pazienti, già molto gravi al baseline. I risultati hanno dimostrato che la craniectomia decompressiva non causa un aumento di pazienti con disabilità severa (mRS 5), bensì, che la maggior parte dei sopravvissuti ricade nel gruppo con mRS 4 (disabilità moderatamente severa). Tuttavia, non si sono evidenziate differenze significative nella percentuale di pazienti con mRS 0–3.
Il principale limite dello studio è stata l’interruzione prematura dopo la randomizzazione di 201 dei 300 partecipanti pianificati, portando a una sottostima dell’endpoint primario. Nonostante ciò, rimane il più grande studio mai condotto sulla craniectomia decompressiva in pazienti con ictus. Il tasso di crossover è stato basso per un trial chirurgico di questo tipo. Inoltre, è stato registrato un uso limitato di procedure chirurgiche non previste, con una rimozione dell’ematoma nel 10% e nell’8% dei partecipanti nei due gruppi di trattamento a 7 giorni, e un ricorso alla chirurgia mini-invasiva nello 0% e nel 2% dei casi.
I risultati dello studio non sono chiaramente applicabili alle emorragie intracerebrali in altre sedi.
Commenti
E’ importante sottolineare che nel materiale supplementare è presente un’analisi per sottogruppi (età, volume dell’ematoma, NIHSS, tempo dall’esordio alla randomizzazione, presenza di emorragia intraventricolare, pressione arteriosa, utilizzo di antiaggreganti e localizzazione dell’ematoma) che non ha identificato fattori in grado di modificare indipendentemente l’outcome primario. Tuttavia, l’analisi suggerisce un possibile vantaggio dell’intervento chirurgico per i pazienti di età inferiore ai 70 anni e per quelli con ematomi di grosso volume (>60 mL).
Dr. Paolo Canderalesi
UOC Neurologia e Stroke Unit
AORN Antonio Cardarelli, Napoli