Domande e risposte a cura del Comitato Scientifico di ISA-AII
Il presupposto fondamentale è che il mdc utilizzato non è diffusibile perché, non superando la barriera emato-encefalica, rimane confinato a livello intravascolare.
La CTP è una tecnica dinamica basata sull’acquisizione ripetuta di una serie di immagini prima, durante e dopo l’iniezione endovenosa a bolo di mdc iodato. Dopo il posizionamento di due regioni di interesse (ROIs), una su un’arteria l’altra su una vena, si ottengono le curve di attenuazione o concentrazione-tempo dell’input arterioso (AIF) e venoso (VOF) che serve per correggere gli effetti di volume parziale dell’AIF.
A partire dall’AIF si ottiene una curva di funzione residua R(t) con la quale l’algoritmo di deconvoluzione genera le mappe perfusionali:
a) il flusso ematico cerebrale (CBF) = la quantità di sangue che attraversa un certo volume di tessuto in un dato tempo che si misura in ml/100g/min)
b) il volume ematico cerebrale (CBV) = la quantità di sangue che attraversa un certo volume di tessuto che si misura in ml/100g
c) il tempo medio di transito (MTT) = il tempo di circolo = il tempo che impiega il sangue ad attraversare i vasi capillari cerebrali che si misura in secondi
d) tempo al picco massimo della curva di funzione residua (Tmax) = ritardo del bolo di contrasto che si misura in secondi
Al momento si ritiene che le mappe CTP siano in grado di fornire valori assoluti di tipo quantitativo dato che il rapporto concentrazione di mdc/variazioni di densità nel tessuto cerebrale e nei vasi è lineare.
Per ottenere buone mappe di perfusione che possano indagare l’intero encefalo o, in alternativa, tutta la regione sopratentoriale sono oggi necessari apparecchi TC a 128 strati, possibilmente dotati di tecnica toggling table a movimenti alternati, che permettono una copertura anatomica di almeno 8 centimetri `{`1-4`}`.
Più precisamente:
a) il costo del modulo parziale costituito dal calcolo automatico del punteggio ASPECTS sulla TC cerebrale senza mdc (e-ASPECTS) e dalla identificazione automatica della sede di occlusione e, per alcuni software, anche dalla valutazione automatica dell’estensione dei circoli collaterali sulla CTA (e-CTA) varia fra i 16.000 e i 20.000 euro
b) il costo del modulo completo che comprende e-ASPECTS, e-CTA ed il calcolo automatico dei parametri del target mismatch di EXTEND, DEFUSE 3 e DAWN sulla CTP è di circa 20.000-40.000 euro
La durata dell’acquisizione della CTP dipende dal protocollo che si decide di utilizzare `{`2,3,5`}`.
a) se si impiega l’acquisizione a singola fase la durata dell’esame deve essere di almeno 60-70 secondi per evitare la troncatura delle curve perfusionali che determina una sottostima delle mappe CBF e CBV ed una sovrastima di quelle MTT e Tmax con conseguente sovrastima della lesione ischemica.
b) se si usa l’acquisizione a doppia fase la durata dell’esame e di circa 2-3 minuti, ma la troncatura delle curve perfusionale è praticamente impossibile.
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Una ampia meta-analisi del 2024 di Bétrisey S. e coll. ha mostrato che il rischio di ictus emorragico è statisticamente aumentato in corso di terapie che riducono il colesterolo LDL (LDL-C). In particolare, si è visto che questa relazione sembra emergere negli studi con statine ma non in quelli che hanno impiegato farmaci ipocolesterolemizzanti diversi dalle statine. Dalla meta-regressione esplorativa in esame non si è evidenziata un’associazione tra entità della riduzione della colesterolemia ed il rischio emorragico. Analogamente, non è stata documentata alcuna relazione tra livelli di LDL-C basali o raggiunti in corso di terapia con statina ed il rischio di ictus emorragico. Le terapie ipotrigliceridemizzanti non sono invece risultate associate a rischio emorragico.
È importante sottolineare che la maggior parte dei pazienti in trattamento con statine presenta comorbilità (es. ipertensione, steatosi epatica, ecc.) e/o assume terapie aggiuntive rispetto a quella ipocolesterolemizzante (es. anti-piastrinici), che nel complesso possono influire sul rischio di sanguinamento e quindi confondere l’associazione statistica tra statine e rischio di ictus emorragico.
Un ulteriore aspetto da considerare è che, sebbene il rischio relativo di ictus emorragico sia aumentato del 17% con la statina, il rischio assoluto rimane basso in tutti gli studi di intervento; infatti, si conta 1 evento emorragico cerebrale ogni 3.333 pazienti trattati per 6.7 anni (NNH). Di converso, il numero di pazienti da trattare per prevenire 1 evento ischemico (NNT) in un periodo di 5 anni è pari a 49,8. Da quanto detto, si deduce che il bassissimo rischio di ictus emorragico non dovrebbe precludere l’uso delle statine se clinicamente indicato.
Case reports e studi retrospettivi hanno riportato una associazione sporadica e spesso incoerente tra uso di statine e ridotta capacità cognitiva. Pertanto, nel 2012, la Food and Drug Administration statunitense ha messo in guardia su questi possibili effetti avversi. Numerosi trial clinici randomizzati, con statine prima e successivamente con ezetimibe ed anticorpi anti-PCSK9, hanno permesso di escludere un’associazione diretta tra riduzione della colesterolemia e turbe neurocognitive. Relativamente alle statine, una meta-analisi di 36 studi pubblicata nel 2021 sull'European Journal of Preventive Cardiology ha rilevato che l’impiego di statine era associato ad una riduzione significativa del rischio di demenza (OR 0,80; IC 0,75-0,86). Addirittura, è stata documentata una riduzione del 32% del rischio di sviluppare malattia di Alzheimer (OR 0,68; CI 0,56-0,81). In aggiunta, non è stata evidenziata alcuna differenza di risultato tra sessi, statine lipofile e idrofile, ed ancora tra statine a maggiore o minore potenza. Gli autori della stessa meta-analisi hanno quindi ribadito l'assenza di rischio neurocognitivo correlato al trattamento con statine.
Diversi studi osservazionali e meta-analisi di trials randomizzati e controllati hanno dimostrato che alla terapia con statine può seguire un aumento delle diagnosi di nuovi casi di diabete. Le statine si associano ad un moderato aumento dose-dipendente dei casi di diabete, coerente con un lieve innalzamento dei livelli di glucosio circolante. La maggior parte delle nuove diagnosi di diabete successive all’inizio della terapia con statine si verificano in persone con livelli glicemici basali vicini alla soglia diagnostica per il diabete, in soggetti sovrappeso od obesi. È altresì comune osservare nella pratica clinica quotidiana una frequente e talora prevedibile tendenza dei pazienti che normalizzano la propria colesterolemia a discostarsi dal rispetto delle norme comportamentali (es. dieta ipocalorica ed esercizio fisico) maggiormente seguite prima dell’inizio di statine in relazione all’insoddisfacente controllo lipidico. Con queste doverose premesse, è importante sottolineare anche che l’eventuale ed ipotetico impatto sfavorevole sulla salute cardiovascolare derivante dall’aumento statino-indotto dei nuovi casi di diabete viene ampiamente bilanciato dai benefici documentati della stessa terapia (39 mg/dL di riduzione della colesterolemia LDL si accompagnano invariabilmente ad una riduzione di circa il 22% del rischio di eventi cardiovascolari). Ancora una volta, il rischio diabetogeno delle statine non risulta correlato all’entità di riduzione della colesterolemia; infatti, né ezetimibe, né anti-PCSK9 e neppure acido bempedoico, pur consentendo enormi riduzioni della colesterolemia LDL (vedi terapie di combinazione a tre o quattro farmaci) non si associano ad un deterioramento del profilo glicemico.
In prevenzione secondaria possiamo utilizzare una statina qualsiasi o solo quelle studiate nei trials di prevenzione secondaria nell'ictus ischemico?
Le diverse statine hanno dimostrato invariabilmente un beneficio nel ridurre la colesterolemia LDL e nel promuovere un miglioramento della prognosi cardiovascolare tanto in prevenzione primaria quanto in quella secondaria. Il beneficio clinico delle statine è certamente influenzato dal livello di rischio del paziente. Ovviamente, come per tutti i farmaci, esistono statine più o meno efficaci, capaci di impattare quantitativamente in modo diverso sul profilo lipidico. A tale riguardo, esiste pieno consenso scientifico sul fatto che le statine a più alta intensità (es. atorvastatina e rosuvastatina, con maggiore efficacia ipocolesterolemizzante) rappresentino la prima scelta terapeutica ipocolesterolemizzante nei pazienti a più alto rischio cardiovascolare, inclusi i pazienti con pregresso evento ischemico cerebrale.