Endovascular thrombectomy with or without intravenous alteplase in acute stroke:a systematic review and meta‑analysis of randomized clinical trials Xuan Bai1 Jianting Qiu1 Yujie Wang1
Journal of Neurology (2023) 270:223–232 doi.org/10.1007/s00415-022-11413-3
Un argomento tutt’ora controverso nel campo del trattamento dell’ictus ischemico è l’efficacia della somministrazione di fibrinolitici endovena prima della trombectomia endovascolare (EVT), intesa come terapia di “bridging”, rispetto alla EVT diretta.
Ad oggi diversi studi e metanalisi hanno analizzato il problema nello specifico: 6 studi randomizzati (RCT) hanno mostrato dati controversi e altrettante metanalisi sono risultate incomplete sia per gli RCT selezionati, sia per le scelte metodologiche delle misure di confronto.
La metanalisi presentata qui da Xuan Bai e colleghi si propone quindi di fornire informazioni aggiornate e dettagliate, portando avanti specifiche analisi di non inferiorità nel confronto tra la sola EVT e il bridging in pazienti con ictus ischemico ed occlusione di un grosso vaso, trattati entro 4.5 h. Lo studio ha analizzato tutti e 6 gli RCT pubblicati con un totale di 2334 pazienti, non riscontrando alcuna differenza significativa negli esiti funzionali e di sicurezza tra EVT diretta e terapia bridging, ad eccezione di una più efficace riperfusione nei pazienti con bridging (adjusted OR = 0.74, 95% CI 0.53–0.95). Inoltre, prendendo come riferimento la differenza di rischio negli outcome principali, gli autori mostrano un risultato conclusivo di non inferiorità della sola EVT rispetto al bridging nella maggior parte dei confronti.
Ovviamente questi risultati molto interessanti devono necessariamente essere interpretati nel loro contesto. Come precisato dagli autori stessi, tutti gli RCT selezionati avevano grossi bias metodologici, dovuti principalmente al disegno open-label, per cui anche i risultati della metanalisi devono essere interpretati con cautela. Risultati che sono comunque influenzati anche da una assenza di omogeneità sia nella definizione degli outcome (emorragie, riperfusione) che nell’utilizzo di diversi fibrinolitici e nelle caratteristiche cliniche dei pazienti, elementi che limitano la loro generalizzazione.
Ma il rilievo critico più importante è che la metanalisi qui analizzata propone 5 valori soglia per identificare la non inferiorità delle differenze dei risultati tra la sola EVT e il bridging di EVT + fibrinolisi endovena: −15%, −10%, −6.5%, −5%, e − 1.3%. Come già descritto in questo spazio di approfondimento (isa-aii.com/studi-di-non-inferiorita-che-vuol-dire/) la definizione dei margini di inferiorità è un elemento molto importante non solo a livello metodologico e di ricerca ma anche nella pratica, dal momento che questi studi influenzano le decisioni mediche e la gestione dei pazienti.
Nel campo dell’ictus ischemico, la Minima Differenza Clinicamente Importante (MCID), ovvero la minima differenza di effetto per cui un trattamento è considerato clinicamente superiore alla terapia standard, è definita del 1.1% – 5%, in base agli studi di riferimento. Negli studi di non inferiorità quindi due trattamenti sono definiti di pari efficacia clinica se le differenze dei tassi di esito rientrino in questo MCID. (< 1.1% – 5%). (Stroke. 2017;48:2946-2951.).
In alternativa un altro metodo per definire la non inferiorità è dimostrare se il trattamento sperimentale preservi una “ragionevole comparabilità” definita in base al livello di incertezza accettato. Secondo questo metodo il margine specifico per la sola EVT rispetto al bridging è stato identificato del 3%. (J. NeuroIntervent Surg dx.doi.org/10.1136/neurintsurg-2022-018665).
Analizzando i risultati della presente metanalisi con queste premesse, si nota come nella maggior parte dei confronti la sola EVT risulta non inferiore esclusivamente per i valori soglia meno stringenti (-15, -10%), solo in alcuni casi per la soglia del 5% (safety e excellent function rate ), ma in nessun confronto di outcome funzionali o di safety se si considera il valore più stringente (differenza del -1,3%). Di conseguenza si può concludere come non sia stata dimostrata la non inferiorità della sola EVT sulla base dei margini più stringenti e definiti come clinicamente significativi.
E’ doveroso sottolineare che in nessuno dei 6 RCT viene fornita una giustificazione clinica dettagliata per la scelta dei margini di non inferiorità selezionati e come questo sia purtroppo un fenomeno molto comune negli studi di non inferiorità, dove il metodo di determinazione non viene menzionato in più della metà degli studi pubblicati. (J. NeuroIntervent Surg doi:10.1136/ neurintsurg-2022-018665).
In conclusione, i risultati della metanalisi sono sicuramente interessanti e soprattutto forniscono un’analisi aggiornata dei trial che confrontano il bridging alla sola terapia con EVT, ma certamente mostrano come è ancora urgente produrre studi con dati precisi, generalizzabili e idealmente con disegni metodologicamente adeguati che permettano di fornire maggiori informazioni su questo importane quesito clinico.
Riassunto e commento A cura di Marta Melis
Traduzione a cura di Michele Romoli, MD, PhD, FEBN
Neurologia e Stroke Unit, Ospedale Bufalini, Cesena.