Werring DJ, Dehbi H-M, Ahmed N, et al. Optimal timing of anticoagulation after acute ischaemic stroke with atrial fibrillation (OPTIMAS): a multicentre, blinded-endpoint, phase 4, randomised controlled trial. The Lancet. 2024;404 (10464): 1731-1741.
Gli anticoagulanti orali sono altamente efficaci nella prevenzione secondaria dopo ictus ischemico o attacco ischemico transitorio in pazienti con fibrillazione atriale. Tuttavia, vi è ancora incertezza sul fatto che una somministrazione precoce della terapia con anticoagulanti orali non solo prevenga eventi ischemici ricorrenti ma sia anche sicura riguardo alle complicanze emorragiche. Studi randomizzati e controllati che hanno portato all’approvazione degli anticoagulanti orali non antagonisti della vitamina K (NOAC) hanno escluso i pazienti con recente ictus ischemico e studi osservazionali su questo argomento hanno prodotto risultati eterogenei. A due studi randomizzati precedentemente pubblicati, lo studio ELAN e lo studio TIMING, che mostravano un beneficio maggiore sia in termini di beneficio che in termini di sicurezza, nei pazienti che iniziavano la terapia anticoagulante orale precocemente con NOACs rispetto a quelli che iniziavano la terapia più tardivamente, si aggiunge un terzo studio randomizzato, lo studio OPTIMAS (Optimal timing of anticoagulation after acute ischemic stroke with atrial fibrillation) che va verso la stessa direzione.
Lo studio OPTIMAS ha incluso 3.621 pazienti e mirava a determinare se l’inizio precoce della terapia anticoagulante fosse effettivamente non inferiore all’attuale pratica clinica di ritardare l’inizio dei NOAC di una o due settimane. Condotto in 96 centri, lo studio OPTIMAS ha randomizzato i pazienti in due gruppi: un gruppo di inizio precoce della terapia con NOAC (entro quattro giorni dall’insorgenza dell’ictus) o un gruppo ritardato (7-14 giorni dopo l’ictus). L’outcome primario era il composito di ictus ischemico ricorrente, emorragia intracranica, ictus non classificabile o embolia sistemica a 90 giorni dall’inizio.
Lo studio ha messo in evidenza che l’inizio precoce dei NOAC è non inferiore (il margine di non inferiorità del 2% non è stato superato) all’inizio ritardato considerando l’endpoint primario composito. Infatti, l’avvio della terapia con NOAC entro quattro giorni dall’evento indice non ha aumentato il rischio complessivo di ictus ricorrente, emorragia intracranica o embolia sistemica rispetto all’avvio dopo una o due settimane. Come era stato messo in evidenza negli studi ELAN e TIMING, uno dei risultati più rassicuranti di OPTIMAS è stato il basso tasso di emorragia intracranica sintomatica in entrambi i gruppi. Nello specifico, solo 23 partecipanti su 3.621 (0,6%) hanno manifestato emorragia intracranica sintomatica, senza alcuna differenza significativa osservata tra i gruppi ad inizio precoce e ritardato. Inoltre, sia il gruppo di trattamento precoce che quello di trattamento tardivo hanno avuto un numero simile di ictus ricorrenti (44 nel gruppo di trattamento precoce rispetto a 42 nel gruppo di trattamento ritardato). Anche il numero di persone decedute entro 90 giorni dall’ictus era simile in ciascun gruppo.
Questi risultati suggeriscono che, in assenza di controindicazioni, l’inizio precoce della terapia anticoagulante, pur non essendo superiore all’ inizio più ritardato, può rappresentare un approccio sicuro per un’ampia gamma di pazienti con ictus.
Nonostante i suoi punti di forza, lo studio OPTIMAS presenta dei limiti. Lo studio ha escluso i pazienti che hanno iniziato la terapia anticoagulante tra i giorni 4 e 7 dopo l’evento indice, creando un divario temporale tra i gruppi precoce e tardivo. Inoltre, nello studio sono stati inclusi pochi pazienti con ictus molto gravi o estese trasformazioni emorragiche, lasciando alcune incertezze sulla sicurezza dell’uso precoce dei NOAC in queste popolazioni ad alto rischio.
In conclusione, OPTIMAS è uno studio importante che fornisce ulteriori prove del fatto che l’inizio precoce dei NOAC dopo un ictus ischemico acuto (con l’eccezione degli ictus molto gravi e/o con trasformazione emorragica) è probabilmente sicuro dato che non sembra determinare un incremento del rischio di emorragie intracraniche, rischio che è risultato veramente basso durante tutto il follow-up dello studio.
Riassunto a cura di Maurizio Paciaroni e Stefano Ricci